Cinema 2018

Intervista a Angela Curri e Giuseppe Spata

 

Roma iconica. Roma dal cielo antico, attraversata sinuosamente dalle acque del Tevere. Una città scenario della storia, della vita. Scenario di film, di racconti, di bellezza e di contrasti. Scenario in cui trova posto Castel Sant’Angelo. Una fortezza per il Papa, il cui significato è traslato: oggi Castel Sant’Angelo custodisce il cuore della città, l’immaginario che si ha di Roma. Una fortezza emotiva.

Giuseppe: Se dovessi pensare a un rifugio quando vivo i momenti più malinconici, che non significa per forza tristi ma che possono invece rappresentare quello stato mentale immersivo, forse a volte creativo, in quei momenti mi piace girovagare, anche da solo, e perdermi nel cuore della città. Vagando e scoprendo ho la possibilità di vedere luoghi nuovi o posti che conosco ma con occhi diversi. In queste pause assecondo il desiderio di scoprire delle mostre fotografiche, prendermi i miei spazi per poi acquisire un’energia diversa. Sono fondamentalmente innamorato di Roma, la amo molto, forse perché non sono romano. Ma è una città magica, ricca di sorprese e di bellezza. Se si cerca la bellezza, perdersi nelle sue strade è la risposta.

Angela: Riguardo i luoghi dell’intimità, ci riflettevo, quando mi sento malinconica o ho bisogno di un momento per me comincio a camminare da casa fino ad arrivare all’Isola Tiberina. Mi piace stare lì sull’isola, al sole, da sola, a leggere oppure a scrivere. L’isola Tiberina è un luogo che mi dà pace, se potessi ci vivrei! Proprio lì, in quel luogo che è un simbolo importante di Roma, da dove tutto è nato, un punto nevralgico, come se fosse il cuore della magia di questa città.

Roma è una città complessa e mistica, racconta infinite storie dove è possibile ritrovare una parte di noi. Una fonte inesauribile di racconti, anche per immaginare intere sceneggiature. Castel Sant’Angelo è una delle figure che più appare nelle inquadrature: fotografie, scene di film, quadri. Uno scenario iconico.

Angela: Castel Sant’Angelo mi suggerisce la composizione di una scena romantica di un film, non ho dubbi! Per me Roma è prima di tutto una città romantica, quindi anche a Castel Sant’Angelo immagino un film d’amore, una storia tra due ragazzi che si inseguono per questi corridoi incredibili, una trama di emozioni e grovigli architettonici e di sensazioni, tutti da raccontare tra queste terrazze sopra il Tevere. L’elemento vitale e poetico dell’acqua che attraversa lo spazio di una città che si mostra come uno scenario, un’occasione unica per la realizzazione di qualsiasi racconto.

Giuseppe: Al contrario, questa bellezza barocca di Roma suscita di più il pensiero di un thriller psicologico! Una trama complessa come lo svolgersi dell’architettura vigorosa del Castello, un racconto che possa condurre lo spettatore in questo ambiente affascinante. Questa passeggiata unica, che mostra un panorama dorato, un percorso verso l’alto, accomodante e ricco di visioni fino ad arrivare alla terrazza. Un punto strategico che gira tutto attorno alla fortezza, in un clima rilassato e di scoperta. Potrebbe essere invece lo spunto per uno svolgimento di una narrazione sublime che possa riuscire a scavare nella mente eseguendo gli stessi movimenti circolari e complessi di questa architettura. Le trame spesso sono un’architettura complessa.

Questa circolarità che denota l’aspetto di Castel Sant’Angelo è dovuta sì a un aspetto costruttivo e difensivo, ma anche a un immaginario simbolico senza tempo cui da sempre la progettazione si è legata. Una forma per una ben precisa funzione, una visione di Roma a 360 gradi, un abbraccio alla città, una presenza costante, quasi onnisciente.

Giuseppe: Se parto dall’idea di Castel Sant’Angelo, penso ad una visione esteticamente Bella della città. Ma dentro di me quando penso anche a quella Roma più aspra ma affascinante di Pasolini, o quella di Fellini, che raccontava una “Dolce Vita” che nella “Grande Bellezza” di Sorrentino si traduce in altro, nella sua assurdità. Non per questo meno bella della Roma felliniana.

Nel mio percorso, nella mia storia, ci sono dei film che a volte non sono esattamente o canonicamente stupendi, iconici, ma fanno parte della tua crescita personale e tu li prendi come tuoi. Diventano tuoi. Sono affascinato dalle architetture degli spazi abitativi privati e ho intercettato questa mia inclinazione nella scena di Moretti in “Caro diario”, in cui il protagonista ed autore in Vespa esordisce: “Si potrebbe fare un film solo con inquadrature di case!” . Moretti passa in rassegna tutti i quartieri attraverso una sequenza di inquadrature, arriva infine a Spinaceto: “Ma lo sai che Spinaceto non è per niente male!”. Questa scena mi appartiene, ci vedo i miei interessi estetici, i miei pensieri, il mio modo di vedere la dualità della realtà, un contrasto che è giusto venga raccontato attraverso il cinema, un mezzo prezioso, per comunicare la realtà, la verità, ciò che non è canonicamente bellezza, ma che in una visione consapevole diviene parte anch’essa della bellezza.

Angela: Il pensiero della città, di Roma in particolare, mi rimanda a un film  ben preciso, “L’eclisse”, di Antonini. Nello svolgersi delle sequenze si intercetta Roma, si riconosce, si scopre, se ne può comprendere l’essenza, un’altro tipo di bellezza però. Qui, Roma è nelle passeggiate, nei baci, negli sguardi dei due protagonisti, nei loro gesti. Roma vive dell’amore animato nelle sue strade.

L’elemento quasi rivelatorio de “L’eclisse” è un particolare silenzio, il silenzio di una Roma vuota, deserta, inanimata eppure così espressiva, viva delle sue luci e dei suoi profili eloquenti. Questa stasi di caos, questo silenzio mistico mette in luce il rumore degli animi tormentati dei due amanti.   

Roma è scena e protagonista, si presta ad essere palcoscenico di tante storie differenti, di differenti bellezze, in modi altrettanto differenti. Le riprese della periferia hanno qualcosa da dire, il silenzio ha qualcosa da dire. E nel fondo di tutti questi racconti possiamo trovare la bellezza. Un racconto millenario che parla di noi.