senza tensioni, mi sono lasciato andare a questa INTROSPEZIONE.

Diario di Giovanni Vetere

A cura di: Nicola Brucoli, Nicola Aprile

L’isolamento mi ha portato indietro, mi sento nel passato. Durante la giornata mi tornano alla mente un sacco di memorie, immagini di quando ero più piccolo.
Mi sono aperto a me stesso riscoprendo alcuni lati di me e l’ho fatto senza tensioni, mi sono lasciato andare a questa introspezione, è stato strano, ma in maniera positiva. In questo momento di transizione sento di aver acquisito nuove qualità.
Quando tutto è iniziato ero a Londra, stavo preparando la mia nuova mostra, in una galleria cinese. La gallerista era molto scettica, ci diceva “ragazzi guardate che il virus arriva ovunque”. E infatti dopo due giorni era arrivato in tutta Italia e cominciava a diffondersi rapidamente. A tre giorni dalla mostra ho iniziato a chiedermi se fosse il caso di organizzare l’opening o meno. Abbiamo deciso di non farlo, anche perchè molte persone del mondo dell’arte se ne stavano andando da Londra.
Abbiamo deciso con la gallerista di rimandare la mostra.
Inizialmente mi ero chiuso in casa a Londra, l’avevo presa come un gioco. Pian piano la situazione è diventata più seria, mio padre mi ha chiamato per chiedermi di tornare a Roma. All’ultimo sono riuscito a fare il trasloco, in due giorni abbiamo portato tutto in un deposito e ho preso uno dei pochi aerei che volavano verso l’Italia. il viaggio è stato scioccante, sembrava di stare in un campo militare, tutti ti davano degli ordini, c’era un controllo rigidissimo.
Ora sto nell’hotel dei miei genitori, a Trastevere. Sono molto fortunato, mi sento in un film di Guadagnino.
Uno dei primi pensieri è stato “nessun progetto che ho iniziato andrà in porto”, ansia. Poi mi sono messo l’anima in pace e ho pensato “enjoy the new experience”, l’ho presa come una nuova residenza artistica e di ricerca. 
Ho fatto questo sogno che mi ha condizionato questo periodo di isolamento. Per me che, come artista, sono molto legato ai simboli e alle metafore, il sogno è un messaggio da assimilare e comunicare attraverso la mia pratica artistica. Ho sognato di essere in un palazzo, bellissimo, alla francese, dorato e decorato, all’interno del quale era allestita una mia mostra. Un tipico palazzo nobiliare con una sala centrale e tante porte di accesso, delle giganti porte dorate, ma io non riuscivo ad entrare e in giro era pieno di collezionisti, ma nessuno interagiva con me. Ad un certo punto, mentre vagavo, mi trovo per terra una sogliola. Non era una sogliola normale, ma doppia, nel senso che di solito da un lato ha occhio e bocca, mentre dall’altro lato è bianca e ha la pancia. Questa invece aveva una sorta di doppia faccia. Appena vedo questa sogliola il primo istinto è quello di salvarla, la afferro e la sento vibrare nelle mie mani, viscida, come se volesse urlare disperata. Inizio a correre finché arriva un personaggio che mi dice “guarda che nelle tua mostra ci sono degli acquari”. È vero! Sicuramente nella mia mostra ci sono degli acquari. Butto giù una porta e vedo gli acquari, entro con questa sogliola che stava per morire, ma un sorvegliante mi dice che quella era l’entrata sbagliata. A quel punto mi sveglio. Per me è stata una catarsi, un sogno pieno di simboli: il palazzo, la sogliola, gli acquari. Salvare il pesce attraverso la mia arte. La sogliola la voglio assolutamente disegnare. Mi sto dedicando tantissimo al disegno, ho pensato di iniziare a disegnare anche digitalmente. 
Sto portando avanti diversi progetti. Uno di questi, che spero di poter riprendere, è un cortometraggio in una pescheria. Mi piacerebbe realizzare una mostra virtuale. Una mia installazione che possa essere fruita con i mezzi digitali.
A me non spaventa una nuova vita e spero che a fine emergenza, questo che stiamo vivendo non ci sembri tempo perso. Spero che le cose possano cambiare radicalmente. È un momento di incertezza totale, non sappiamo nulla. Io non sono spaventato; se dobbiamo cambiare cambiamo.
Anche rispetto all’attività della mia famiglia, l’hotel, io e mio fratello stiamo dando una mano ai nostri genitori. Se devo tornare qui a fare giardinaggio e accogliere gli ospiti sono pronto.
È un tema che sto sviluppando ultimamente, l’adattarsi, il “pensiero tentacolare”.
Spero che tutto questo ci faccia capire che c’è una fortissima urgenza di ricollegarci con il mondo, con la natura, c’è bisogno di cambiare il nostro modus vivendi. Ma soprattutto connetterci con il contesto, cosa che non abbiamo mai fatto. La natura è sempre stata solo una dimensione legata alla vacanza, ma noi siamo parte integrante della natura.
Qua tutti i giorni, ogni quarto d’ora, suonano le campane. Tra poco arrivano le 19 e il prete dà di matto e inizia a suonare dandadan. Anche di notte, quando mi sveglio durante il sonno, sento le campane. All’una batte un tocco, all’una e un quarto batte un tocco e un altro tocco, all’una e tre quarti batte un tocco e altri tre più piccoli. Alle undici e tre quarti è il più bello. La mia vita trasteverina…mi sto ricollegando alle mie radici. È un periodo storico assurdo, tutti i cervelli che erano fuggiti sono tornati. Mi chiedo cosa succederà con tutti questi creativi costretti a rientrare in Italia.
La mia mostra di Los Angeles è stata completamente abortita. Questo mi dispiace un sacco perchè erano mesi che sognavamo, California Dreaming. Abbiamo perso questa opportunità, già in Europa è difficile figurati negli Stati Uniti. Adesso toccherà ricominciare da capo per creare dei collegamenti. Stavo facendo un certo percorso e questo virus ha bloccato tutto, così ho intrapreso una ricerca (anche spirituale) che mi porta a riprendere cose che avevo lasciato nel cassetto. Ho letto libri, tra cui uno studio sulla biologia marina.
Tornare a immergermi nello studio mi ha fatto riflettere. Per me è sempre stato importante produrre, a prescindere da cosa. Ora sto riformulando i miei progetti, non inizio dalla fine ma dall’esigenza iniziale. Cosa faccio ora che non ho una deadline? Intraprendo una ricerca che non so dove mi porti. Sto pensando a progetti diversi, strani, per questo parlo di momenti di transizione. Magari torno a fare mostre a stecca oppure me ne vado a Honolulu a studiare biologia. Ho trovato questo corso di biologia fichissimo alle Hawaii. Ho mandato una mail e mi hanno risposto “Haloa rainbow warrior hoana”. Io ho un’esperienza da medio-borghese che fa le escursioni subacque con il padre durante il weekend. Vorrei avere una conoscenza più profonda.
Comunque dobbiamo trovare un nuovo nome. Coronavirus è brutto.
La colazione. Ho riscoperto la colazione, la bellezza di fare colazione, non tanto per la quantità delle pietanze, quanto per la calma. Non ho più fretta. Queste piccole cose. Prima non avevo la stessa libertà mentale, paradossalmente sono più libero adesso che prima.
Non c’è niente che mi manchi qui, infatti ho fatto di tutto per aiutare le persone in difficoltà. Supporto campagne per i senzatetto che sono i più vulnerabili. Anche i coralli, ho adottato un corallo. Ho donato una mia opera per un’asta che andrà allo Spallanzani. È un momento di consapevolezza che investe anche le differenze e le priorità, che al momento non sono i nostri successi individuali.
Mi sono sbizzarrito, ho fatto dolci complicatissimi. Uno dei miei progetti folli è aprire una pasticceria-galleria. Anche perché ho ritrovato nell’impastare torte e dolci il processo della ceramica, il forno, l’uso delle glasse. Ecco, mi manca la ceramica, impastare l’argilla, sporcarmi.
Il mio più grande desiderio è che ripartiremo con una maggiore consapevolezza della natura e la mia più grande paura è che ricominceremo tutto andando più veloci di prima, una corsa contro il tempo per recuperare tutto. Io cercherò di andare piano. Magari ad Honolulu.