la cosa interessante è investigare pluri-scenari futuri e come ognuno prenda la sua DERIVA.

Diario di Sara Ricciardi

A cura di: Nicola Brucoli, Nicola Aprile

Certe volte vogliamo subito dire qualcosa, ma non va bene. Ora sto studiando tantissimo, prima di parlare di proposte e soluzioni vorrei interrogarmi. La trovo la più grande occasione ora, quella di slanciare il pensiero. Io non ho soluzioni in confezione, non posso dire come debba essere esattamente il futuro; la cosa interessante è investigare però pluri-scenari futuri e come ognuno prenda la sua deriva.
In questi giorni ho impostato i corsi dell’anno prossimo alla Naba. Li ho pianificati rispetto alle cose che sto scoprendo in questo periodo. Ho fatto un sacco di studi economici e di fisica quantistica, una roba assurda e ho proposto questi due nuovi corsi di social design al triennio: con due classi torniamo indietro nel tempo, con altre due classi andiamo avanti nel tempo. Due approcci totalmente diversi: con uno andremo sul primitivismo della creazione, con l’altro sul futurismo della creazione. Nel primo caso lavoreremo quasi come uomini autodidatti, creeremo senza strumenti, senza alcun mezzo digitale, partendo da materie prime, senza avere alcuna moneta di spesa. Capiremo cosa significa tornare a sentirsi padroni del proprio metodo di produzione. Costruiremo la nostra micro società dell’argilla. Con gli altri facciamo un lavoro totalmente opposto, partendo dalle proposte economiche di Yunus, Premio Nobel per la Pace nel 2006, che ha immaginato un mondo con tre zeri: zero povertà, zero disoccupazione e zero emissioni nette di carbonio. Come si crea l’impresa sociale per incentivare queste dinamiche? Faremo un’impresa sociale, creeremo un capitale d’impresa insieme tramite una entità manifatturiera con tanto di business plan, servizi e formazione. La bomba è che le due proposte possono coesistere, l’una non esclude l’altra. L’uomo cosciente è colui che sa formulare l’alternanza della creazione, ti senti libero perchè sai che non sei telecomandato da un sistema, che nel sistema in cui vivi puoi prendere le tue scelte in maniera cosciente.
In passato abbiamo avuto la peste, la spagnola. Non è che non siamo tornati a stare tète-a-tète. Capisco ora questa corsa al distanziamento sociale a livello politico e progettuale, ma non voglio progettare per un mondo che esige casellari di vetro per dividerci.
Come se non facessi mai accendere il fuoco a mio figlio perché altrimenti si può bruciare. Prometeo si sta facendo ancora mangiare il fegato per avercelo donato. O quando mi dicevano tipo: “Sara non ti innamorare fa così male!”…Ma saranno cazzi miei? Ma poi è importante anche scontrarsi col dolore!
Ora siamo fomentati a trovare soluzioni e bene, riscriviamo gli spazi, interpretiamo il pubblico, il vuoto, sparpagliamo la demografia, facciamo rinsavire l’abbandono e il periferico, riformuliamo il tempo ma l’abbrutimento da divisionisti antibatterici no, questo big brother da controllo perverso e monitoraggio continuo proprio no. Vivetela voi questa vita di merda! come in Cina i primi esperimenti di “Credito Sociale”, ragazzi Black Mirror diventa una premonizione così! I fotomontaggi con le gabbie di vetro sulla spiaggia poi mi fanno ridere, o uomini che camminano con hulahoop in vita di 2 mt per non far avvicinare nessuno, ma ovviamente scherzo e progettualità coraggiosa poi si differenziano.
Ognuno sta andando in una direzione, sta facendo il proprio cambiamento da crisalide, é stupendo che ciclicamente avvenga.
Si crea una tale confusione nella ricerca di soluzioni, un caos interessante ma non possiamo dare risposte a domande mal poste. Bisogna stare molto attenti e formularne di proprie perché spesso i media depistano.
Ma trovo incredibile questo creazionismo individuale dalla quarantena. Io mi sono tuffata in una biblioteca per una diversa formazione mentale. Ho sfruttato il tempo per approfondire e così capire che posizione voglio prendere, quale messaggio proferire.
Il cambiamento profondo non è una cosa che servi sul piatto in maniera chiara, esiste il processo di trasformazione ed è quello che mi interessa.
I risultati di questa quarantena te li posso far vedere tra un anno e mezzo. Un po’ come quando presenti un progetto e ti chiedono “quando l’hai pensato?”. Ma è un’intera vita che stai trasformando una roba e arrivi a quel punto.
In una conversazione con altri docenti di Design ci siamo detti che dal ‘68 in poi abbiamo evitato di stare a contatto con la politica. Ci siamo astenuti per non incorrere in fraintendimenti e problemi.
Un professore mi ha detto “se tu definisci la società in cui vorresti vivere, come deve funzionare, allora forse puoi regolare meglio le azioni per ottenerla, come insegnare, le scelte politiche, alimentari, di vita, in maniera più consapevole, più strutturata”. Ecco, sento che oggi svolgiamo le nostre azioni senza avere una visione della società in cui vorremmo vivere. Prendiamo slogan e li maciniamo, ma poi nella praticità quotidiana che facciamo? Forse potremmo lavorare di più in quella strada lì. Sono convinta che il mondo si salvi in piccole dosi. In questo periodo sto capendo che voglio entrare più nello specifico, per questo mi sono messa nell’ordine di idee di studiare e capire il potere d’acquisto, le dinamiche economiche e le trasformazioni sociali. Tutto è una concatenazione di cause. Ci stiamo ponendo domande alte e rispondere significa sentire più voci.
In questi giorni si parla dell’app per tracciare i nostri movimenti e tenere sotto controllo il contagio. Sai qual è la cosa fica? L’evoluzione non possiamo fermarla, ma possiamo scegliere in che direzione orientare il progresso, come gestire gli strumenti per ottenere i diversi scopi. Puoi scegliere di salutare tutti e condurti verso degli ecovillaggi oppure puoi scegliere di contrattaccare da dentro. Noi siamo designer, progettiamo l’esperienza, allora progettiamo l’equilibrio tra On-line e Off-line. Ponendoci i problemi e le criticità allora possiamo sperimentare delle soluzioni.
Pensa agli smartphone, alle app che possono vedere come ti comporti, che altre attività fai. Sai che appena dici una cosa te la ritroverai sotto forma di acquisto. Mia madre mi ha detto: “Stavo pensando all’osteoporosi e Amazon mi ha proposto ogni rimedio possibile da acquistare contro l’osteoporosi”. La Rete ci legge nei pensieri. Ci potremmo fare performance sui dati sensibili, vorrei vedere sempre più artisti lavorare sui media contemporanei e tematiche socio-politiche. Se la storia viene scritta da chi vince allora vorrei che gli artisti potessero rivelare tutte le note a piè di pagina.
Ora sono eroi tutti i medici, oggi ci pensavo. Stupendi fanno il loro lavoro con cura, però in realtà sono eroi anche quelli che continuano a raccogliere le pattumiere infette, i docenti che dalla propria scrivania stanno alimentando le menti dietro gli schermi, i cittadini che rispettano le indicazioni, chi adempie al proprio ruolo con il massimo delle energie. Il termine eroe non va mitizzato.Dobbiamo avere politici giusti e casalinghe incredibili, sennò nulla si raccorda. Non basta solamente un gruppo di persone speciale, cosa te ne fai di soli medici, di soli musicisti, spazzini o banchieri? Quando mio padre ha avuto un problema cerebrale, ci fu questo medico, un neurologo, che mi fece tutto un discorso nel corridoio del reparto di terapia intensiva: “il  cervello è l’organo più importante che abbiamo sa? Il cuore sì, pompa il sangue, ma il cervello è articolato in maniera straordinaria”. Un dottore che  promuoveva il primato di un organo su un altro. Mi sentivo dentro ad una propaganda medica, io nel mio spirito troppo infuocato gli risposi “Mi scusi ma se io le strappassi il cuore in questo momento, potrebbe vivere solo con il suo bel cervello?”. Il resto ve lo evito.
Noi viviamo in un Tutto, un sistema olistico, in cui avvengono collaborazioni sistemiche tra così tanti elementi. Sto fatto dei primatismi ogni volta mi sembra una trovata di marketing mediatico. Troppi slogan per un sensazionalismo che vende.
In questi giorni ci sarebbe stato il Salone del Mobile. Ne abbiamo sentito molto la mancanza. Un po’ come non aver festeggiato il compleanno, resta uncpo’ di amaro. Penso a tutti gli investimenti delle aziende e mi dispiace. A tutti i miei super artigiani. Avevo un’installazione enorme da fare, e Adieu – ma sto comunque bene, in una empatia sociale forte, certo ho perso molti lavori ma sento ancora più slancio nell’investire. Non ho paura di investire nel futuro studio ad esempio, che inauguriamo ad ottobre, vorrei creare una bella combriccola di persone da frequentare e con cui alimentare pensiero e progettualità. Ovviamente saremo pronti sia nella realtà fisica che digitale perchè queste giornate ci hanno insegnato come l’etere digitale crei delle potenti ramificazioni per raggiungere le persone anche in altri nuovi modi.