Adesso che stiamo a casa e non si sa cosa fare si “torna indietro”, si riscopre la TRADIZIONE.

Diario di Michele Lazzarini

A cura di: Nicola Brucoli, Nicola Aprile

Sono in Alto Adige, a casa non sono riuscito a tornare.
Io sono di Bergamo, quella valle lì, la Val Seriana è stata molto colpita dal virus. Tante persone che conosco lo hanno preso, è stata una batosta, veramente pesante; gli anziani, intere generazioni massacrate, da non credere. Si studierà questa cosa, come mai è successo questo, perchè in quella parte di Bergamo ci sia stata una contaminazione così alta. Vedremo, vedranno…
Qua in Alto Adige ho la possibilità di uscire, andar nel bosco, anche i contagi sono molto più bassi. Ovviamente si gira sempre con le restrizioni, mascherine e guanti, con cui dovremo convivere per un bel po’. Però ho un minimo di libertà. Ho tempo per fare tutte quelle cose che non riuscivo a fare prima, anche perchè avendo una vita impegnata tra lavoro, viaggi e varie cose, ho ripreso a fare tutto ciò che avevo lasciato da parte.
Uno dei nostri nemici prima era il tempo, sembrava non ne trovassimo mai abbastanza per concentrarci sulle piccole cose quotidiane. Spero che dopo questo cambierà il mondo. Prima era tutto troppo frenetico, troppa smania di avere, senza mai pensare a cosa fosse veramente importante. Speriamo che il futuro sia migliore, possiamo soltanto imparare da queste cose. Certo, sarà dura perchè adesso verrà la fase pesante. Far ripartire l’economia, l’Italia intera, sarà dura. Cambieranno tante cose ma sono fiducioso e penso che alla fine ce la faremo.
Qui al ristorante St. Hubertus al momento è tutto chiuso, queste poi sono zone turistiche e adesso ovviamente zero, non c’è nessuno. Stiamo facendo varie riunioni e riflettiamo per pianificare la nostra riapertura, probabilmente per Luglio. Cambieranno le cose, cambierà il metodo di andare al ristorante. Posti come l’Hubertus, dove si sta seduti anche tre ore per un menù degustazione, adesso saranno da ripensare, bisognerà ideare soluzioni più veloci. Immaginare delle cene anche all’aperto, qui siamo in un paradiso, c’è una una baita a quasi 2000 metri, mangiare immersi in questo contesto può diventare ulteriore parte dell’esperienza. Bisognerà ripensare in generale il fine dining in Italia, un settore d’eccellenza che deve sapersi adattare alle circostanze e reinventarsi.
Come prima non sarà, quello è da dimenticare, almeno finché non troveranno un vaccino. Bisognerà conviverci con questo, come stanno iniziando a fare altri stati; ho amici che lavorano a Shangai, Hong Kong, lì un po’ sono ripartiti, la gente esce e va anche a mangiare al ristorante, sempre con mascherine e guanti, ma si muovono di nuovo. Sarà diverso.
Vedremo cosa salterà fuori, ora gli italiani dovranno rispondere a questo momento e probabilmente non sarà tanto il governo, quanto le piccole imprese che dovranno rimboccarsi le maniche e ritirare su l’economia.
Mi aspetto uno sforzo da parte degli imprenditori, delle aziende. C’è e ci sarà un livello di disoccupazione altissimo, far ripartire tutto significa anche risolvere questo problema creando nuove opportunità occupazionali. Anche noi, quando riapriremo non lo faremo a pieno regime, perciò immaginare nuove modalità di fruizione sarà necessario. All’inizio sarà dura, ambienti come la cucina e la ristorazione hanno le loro regole, cambiare sarà una sfida, ma sono convinto che ce la faremo.
I nostri fornitori, che sono tutti contadini o allevatori, continuano a lavorare anche più di prima. Adesso la gente a casa ha molto più tempo per pensare a cosa vuol mangiare e per cercare alcuni prodotti specifici: prima andavi al Despar e andava bene così, adesso hai tempo di capire e di studiare, è una cultura che riprende, con tutto lo stress che c’era pochi si mettevano a cucinare, adesso invece guarda su Instagram, tutti cucinano a casa!
È una cosa bellissima, sarebbe magnifico se andassimo avanti in questo modo. Un tempo era così, con la torta della Nonna, poi le generazioni che sono state schiave del lavoro e della carriera hanno perso il tempo per fare queste cose. Adesso che stiamo a casa e non si sa cosa fare si “torna indietro”, si riscopre la tradizione, si fanno i conti con le proprie radici. Adesso che ci è stato dato il tempo possiamo e dobbiamo confrontarci anche con la nostra storia, il nostro passato e, ovviamente, il nostro cibo. Il cibo è ciò che più di ogni altra cosa consideriamo un’abitudine, tornare a concentrarci su di esso ci consente di apprezzarlo di più, riportandoci a una sorta di consapevolezza che si lega proprio al concetto di tradizione, di eredità culturale.
Io sto qua con la mia ragazza e per cucinare facciamo un po’ e un po’. Faccio prove su varie tipologie di pane, usiamo tante farine locali, fare il pane in una certa maniera è proprio uno studio chimico. In generale studi, leggi, guardi, hai tempo di pensare a come andrà il mondo, come ci adatteremo anche da un punto di vista culinario. Hai tempo di confrontarti con altri colleghi o amici. Sei barricato in casa ma passi molto più tempo con gli altri, riesci a sentire persone che non sentivi da una vita, alla fine con la tecnologia è un collegamento continuo. La parte della quarantena l’ho vissuta in maniera abbastanza tranquilla, ho preso il mio tempo che prima non avevo. E ora sarei anche pronto a ripartire. Ora basta insomma…
Poi vabbè, sono fortunato a stare in un posto in mezzo alla natura, la vivo diversamente anche a livello mentale, mi rendo conto che stare in un appartamento a Milano o a Roma è più difficile, questo è un paesino di cinquecento persone in mezzo alla natura, ho molto spazio. Ci sono tanti miei amici barricati dentro casa, so che è dura.
Sul piano turistico, per quanto sia difficile parlarne ora, la montagna già negli ultimi anni era sempre più gettonata, ovviamente il mare piace, ma vivere in montagna, la tranquillità che ti dà un bosco è diversa dal mare, che è bello ma c’è sempre gente. Qui è vasto, hai i tuoi spazi e riesci a trovare la calma. Quando riapriranno tutto tornerà ad essere una meta amatissima. Speriamo presto.
La montagna permette a chi la vive di sentirsi finalmente piccolo, immerso con il contesto: gli spazi ampissimi, le vedute e le altezze vertiginose fanno sì che ciascuno possa sentirsi meno protetto, meno circondato e quindi finalmente capace di sentirsi a contatto con la natura. E poi la montagna porta in tavola la natura, senza troppi filtri, la produzione genuina degli alimenti che permette di sentire il sapore vero della terra.