il miglior modo per predire il futuro è INVENTARLO.

Intervista a Davide Dattoli

A cura di: Ginevra Corso, Nicola Brucoli, Carlo Settimio Battisti

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Che valore ha per te l’invenzione?

È molto importante, è proprio nel DNA della mia idea imprenditoriale. Quando ho iniziato la mia esperienza come imprenditore ho scelto questa citazione come motto: “il modo migliore per predire il futuro è inventarlo”. In un mercato veloce, complesso e competitivo l’invenzione, la capacità quindi di portare al tavolo non solo un prodotto nuovo ma anche la capacità di escogitare nuovi modi per svolgere compiti, risolvere problemi e affrontare sfide, è fondamentale per poter avere un impatto positivo sulla realtà circostante.

Che rapporto oggi si può tessere tra tecnologia e cultura. Il panorama italiano di oggi è terreno fertile per l’innovazione tecnologica?

Il concetto di “Made in Italy”, l’orgoglio e l’eco legato a questa un’espressione, credo ci dica una cosa importante: simboleggia la qualità, la creatività e l’originalità, le caratteristiche che definiscono l’Italia e i suoi artisti ed artigiani. L’Italia è un paese dal potenziale incredibile, vastissimo, anche nell’ambito dell’innovazione tecnologica.
Nello scenario attuale a volte facciamo fatica a trovare il giusto spazio di espressione. Il limite maggiore delle nostre start-up è quello di pensare sempre a prodotti o soluzioni per il mercato italiano mentre bisogna pensare globale per costruire grandi imprese digitali nel mondo. Per innovare è necessario mettere a sistema creatività, talento e conoscenze, allargando idealmente anche i confini territoriali, fare sistema quindi non solo a livello locale ma anche a livello europeo, dando vita a progetti esportabili e scalabili, credo che di questo non potrebbe che beneficiare anche il nostro panorama culturale. In Talent Garden, ad esempio abbiamo da poco inaugurato il primo campus verticale dedicato al food-tech con l’obiettivo di favorire il dialogo tra le principali corporate del food in Italia e le start-up più innovative del settore. Insieme potranno realizzare e partecipare a progetti di sviluppo, formazione e trasformazione digitale, idee di business ed eventi legati al mondo food-tech e della sostenibilità.

Sei fondatore di Talent Garden. Cos’è il talento e chi sono le persone di talento? Parliamo di un concetto che si può esercitare o è qualcosa di innato?

Non esiste una definizione precisa del concetto di talento. Ogni persona ha una serie di doti naturali, innate, direi che le possiamo considerare usando una metafora come dei semi da coltivare. Quello che consente ad ogni persona di poter tirar fuori il massimo dalla proprie predisposizioni, di fare in modo che questi semi germoglino sono le competenze che si apprendono sul campo e la passione.
Credo che quest’ultimo questo sia il comune denominatore di tutti i talenti, l’ingrediente indispensabile: non esiste talento senza passione per quello che si fa e dalla passione nasce la voglia di applicarsi, la continua ricerca di un miglioramento e la volontà di mettersi sempre in gioco. Io ho cercato di basare la mia carriera sulla mia passione più grande il digitale. Infine, il più potente concime, l’acceleratore naturale per far germogliare il talento è la condivisione di idee e nuove prospettive con altre persone, non deve mai mancare.

Quali sono le sfide lavorative della nostra generazione? Che caratteristiche deve avere un giovane imprenditore in questo contesto in continua evoluzione?

Dar vita a un’impresa è la cosa più difficile al mondo, non bisogna improvvisare ma arrivare preparati dopo essere sicuri di aver visto opportunità di mercato. Talent Garden non è un risultato raggiunto al primo colpo. Nella mia esperienza imprenditoriale non sono mancati i fallimenti. È una parola che spesso spaventa, e sicuramente “cadere” fa male. Però io riassumo l’utilità del fallimento così: Fallisci. Rialzati. Fallisci meglio. L’errore va guardato come una necessità. 
Nel mercato di oggi la sfida è la velocità con la quale apprendi e trasformi quell’errore in un qualcosa su cui migliori te stesso, la struttura e quindi cresci. Oltre a questa costanza nel cadere e rialzarsi, e soprattutto imparare dai propri errori, un imprenditore deve essere innovativo, avere idee che sappiano portare valore aggiunto ad un settore o segmento, competenze tecniche, e voglia di fare che poi è la miccia in grado di accendere i punti elencati sopra. Infine la squadra, io dico scegli le persone con cui vuoi lavorare, circondati di partner e soci con cui si condivide la stessa visione, ed un team talentuoso e motivato.
Bisogna creare una creare una cultura aziendale nella quale le persone si riconoscano, per attrarre e trattenere i talenti. Perché in fin dei conti è la squadra che ti consente di vincere sulla lunga distanza.